Passi Scelti di Letteratura Italiana e Straniera - Introduzione.

Salerno - Domenica, 4 febbraio 2024.

nda>  articolo in costruzione. Suddividerlo in ... più  parti.

Premessa

I passi di letteratura italiana e straniera non sono accompagnati da nessun commento o nota critica o recensione, in modo Ada garantire al lettore la piena libertà di pensiero e di sentimento.

Per la vastità dei contenuti, i passi scelti dei vari periodi sono stati suddivisi in tanti articoli per quanti sono i periodi. 

Storia della letteratura italiana - Wikipedia

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Introduzione

Salv'a lo vescovo senato, conosciuto come Cantilena giullaresca o Ritmo laurenziano, perché ritrovato in un codice della
Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, è un componimento poetico che risale agli ultimi anni del XII secolo od al principio del XIII, scritto in volgare da un giullare toscano.

Si tratta di venti doppi ottonari e novenari monorimi, articolati in tre lasse (la terza delle quali in rime imperfette), scritti nell'ultima pagina di un codice laurenziano, che contiene un Martirologio ed è rivolto ad un vescovo pisano, di nome Villano (forse Villano Villani), per ottenere in dono un cavallo.<<Così scrive Bruno Migliorini: "Il giullare si rivolge a un vescovo (Villano, arcivescovo di Pisa, secondo l'ipotesi del Cesareo, "accolta dal Mazzoni) facendone lodi sperticate e pronosticandogli nientemeno che il pontificato, con la speranza di ottenere in dono un cavallo: se lo ottiene, lo mostrerà al vescovo di Volterra, Galgano".

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Parte Prima

Letteratura italiana nel Duecento

Francesco d'Assisi.

Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature,
Lspetialmente messor lo frate sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so' le laude, la gloria e 'honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfàno
et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature,
spetialmente messor lo frate sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore,
de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si', mi' Signore, per sora luna e le stelle,
in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle. (Cantico delle creature).

Dante Alighieri.

"Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura, che la dritta via era smarrita, ... (Inferno, incipit)"
...

"Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!" (Canto VI, Purgatorio)
...

"E quindi uscimmo a riveder le stelle" (Rima finale, Paradiso).

Francesco Petrarca

Era il giorno ch’al sol si scoloraro
per la pietà del suo factore i rai,
quando i’ fui preso, et non me ne guardai,
ché i be’ vostr’occhi, donna, mi legaro.

Tempo non mi parea da far riparo
contra colpi d’Amor: però m’andai
secur, senza sospetto; onde i miei guai
nel commune dolor s’incominciaro.

Trovommi Amor del tutto disarmato
et aperta la via per gli occhi al core,
che di lagrime son fatti uscio et varco:

però, al mio parer, non li fu honore
ferir me de saetta in quello stato,
a voi armata non mostrar pur l’arco. "(Canzoniere, 3)"

Boccaccio

Umana cosa è aver compassione agli afflitti.
...

Egli è il vero che io ho amato e amo Guiscardo, e quanto io viverò, che sarà poco, l’amerò; e se appresso la morte s’ama, non mi rimarrò d’amarlo; ma a questo non mi indusse tanto la mia feminile fragilità, quanto la tua poca sollecitudine del maritarmi e la virtù di lui. Esser ti dovea, Tancredi, manifesto, essendo tu di carne, aver generata figliuola di carne e non di pietra o di ferro; e ricordarti dovevi e dei, quantunque tu ora sia vecchio, chenti e quali e con che forza vengano le leggi della giovanezza.
...

"Vieni, moglie! Nostra figlia, non contenta di sentire cantare l'uccello, lo ha preso anche in mano ..." (Il Decamerone).

Letteratura estera nel Trecento

William Shakespeare

"Prima d'ucciderti, io t'ho baciata. Non mi restava altro modo che questo: uccidermi morendo in un tuo bacio.”  ("Otello).

È la mia anima che invoca il mio nome; come le lingue degli amanti dolci come l'argento di notte, come la musica più dolce per le orecchie che frequentano!
È la mia anima che chiama il mio nome; come il dolce tintinnare dell'argento sono le lingue degli amanti durante la notte, come la più soffice musica, per le orecchie che la ascoltano! (“Giulietta e Romeo").

Letteratura italiana nel Quattrocento

Lorenzo de' Medici (Cinquecento)

«Quant'è bella giovinezza,
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non v'è certezza»

Letteratura estera nel Quattrocento

All'estero cominciano a circolare i poemi cavallereschi, che hanno però un pieno sviluppo solo nel Cinquecento e nel Seicento.  

Letteratura italiana nel Cinquecento

Ludovico Ariosto

All’apparir che fece all’improvviso
de l’acqua l’ombra, ogni pelo arricciossi,
e scolorossi al Saracino il viso;
la voce, ch’era per uscir, fermossi.
Udendo poi da l’Argalia, ch’ucciso
quivi avea già (che l’Argalia nomossi)
la rotta fede così improverarse,
di scorno e d’ira dentro e di fuor arse. ("
Orlando Furioso").

Nicolò Machiavelli.

“Venuta la sera, mi ritorno in casa ed entro nel mio scrittoio; e in su l'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui uomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio, e che io nacqui per lui.” (“Il Principe”).  

Letteratura estera nel Cinquecento

Lorem ipsum ........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

Letteratura italiana nel Seicento

Giulio Cesare Croce

Re. Chi sei tu, quando nascesti e di che parte sei?
Bertoldo. Io son uomo, nacqui quando mia madre mi fece e il mio paese è in questo mondo.
Re. Chi sono gli ascendenti e descendenti tuoi?
Bertoldo. I fagiuoli, i quali bollendo al fuoco vanno ascendendo e descendendo su e giù per
la pignatta.
Re. Hai tu padre, madre, fratelli e sorelle?
Bertoldo. Ho padre, madre, fratelli e sorelle, ma sono tutti morti.
...


Re. Qual è la più veloce cosa che sia?
Bertoldo. Il pensiero.
Re. Qual è il miglior vino che sia?
Bertoldo. Quello che si beve a casa d'altri.
Re. Qual è quel mare che non s'empie mai?
Bertoldo. L'ingordigia dell'uomo avaro.

...


Re. Qual è quella gatta che dinanzi ti lecca e di dietro ti sgraffa?
Bertoldo. La puttana.
Re. Qual è il più gran fuoco che sia in casa?
Bertoldo. La mala lingua del servitore.
Re. Qual è il più gran pazzo che sia?
Bertoldo. Colui che si tiene il più savio.
Re. Come faresti a portarmi dell'acqua in un crivello e non la spandere?
Bertoldo. Aspettarei il tempo del ghiaccio, e poi te la porterei.(Ragionamento fra il Re e Bertoldo).

Letteratura estera nel Seicento

Letteratura inglese Seicento (skuola.net)

Letteratura francese del Seicento (scuola-e-cultura.it)

"La vita è un sogno", Calderon de La Barca (1623)

La Celestina è un'opera letteraria attribuita a Fernando de Rojas, pubblicata anonima a Burgos probabilmente nel 1499 in una prima forma e ampliata attorno al 1502. È annoverata tra i capolavori della letteratura spagnola.

La Celestina nasce prima come Comedia de Calisto y Melibea, un'opera suddivisa in 16 atti, che poi verrà nel tempo modificata dall'autore attraverso delle aggiunte ed interpolazioni, e portata a 21 atti nel 1502, recando in questo nuovo cambiamento il titolo Tragicomedia de Calisto y Melibea. La prima traduzione fuori dalla Spagna di questa seconda edizione è quella italiana realizzata da Alfonso Ordóñez, stampata per la prima volta a Roma nel 1506: questo rappresenta anche il più antico esemplare dell'opera completa esistente, di un anno anteriore a quello spagnolo di Saragozza del 1507, e fu la base per successive traduzioni come quella ebraica, tedesca o francese. Anche la parola Celestina appare per la prima volta nel titolo in Italia, nella stampa di Venezia del 1519, ed è così che la tragicommedia diverrà famosa in futuro.

Opera di frontiera, dalla natura ibrida, ravvisabile anche nella stessa forma, incerta tra romanzo e opera teatrale, almeno da un punto di vista contenutistico La Celestina trova un precedente nell'adespota Pamphilus (XII secolo), prodotto del filone della commedia elegiaca, fiorito nella letterarietà mediolatina in versi[2].

Trama

Inseguendo attraverso i campi il proprio falcone, un ricco giovane di nome Calisto entra in un giardino e incontra Melibea, figlia del proprietario, e subito se ne invaghisce. Non potendo rivederla in privato si dispera fino a quando il suo servo Sempronio gli suggerisce di ricorrere alla vecchia sensuale Celestina. La donna è proprietaria di un bordello dove risiedono le sue due giovani serve, Elicia e Areúsa.

Quando Calisto accetta, Sempronio complotta con Celestina per spillare più soldi possibili al suo padrone. Un altro servo di Calisto, Pármeno, diffida invece di Celestina perché da bambino lavorava per lei. Pármeno dapprima avverte il padrone Calisto di non servirsi di lei. Tuttavia Celestina lo convince a unirsi a lei e a Sempronio per approfittare di Calisto offrendogli Areúsa come ricompensa.

Celestina riesce a entrare nella casa di Alisa e Melibea fingendo di vendere del filo. Rimasta sola con Melibea, le racconta delle sofferenze di un uomo che potrebbero essere lenite con il tocco della sua cintura. Al nome di Calisto Meilbea s'infuria e le intima di andarsene. Ma l'astuta Celestina riesce a convincerla che Calisto ha un terribile mal di denti che richiede il suo aiuto, e riesce a toglierle la cintura e a fissare un altro incontro.

Nella sua seconda visita, Celestina convince Melibea a recarsi ad un appuntamento con Calisto. Alla notizia Calisto ricompensa Celestina con una catena d'oro. Gli amanti si danno appuntamento per la notte successiva nel giardino di Melibea, mentre Sempronio e Pármeno saranno di guardia.

Quando all'alba Calisto torna a casa per dormire, i suoi due servi si recano a casa di Celestina per ottenere la loro parte di oro. Lei tenta di imbrogliarli e loro la uccidono davanti a Elicia. Dopo essere saltati dalla finestra nel tentativo di fuggire Sempronio e Pármeno sono catturati e decapitati nella piazza del paese. Elicia racconta ad Areúsa delle morti di Celestina, Sempronio e Pármeno e quindi escogitano un piano per punire Calisto e Melibea, ritenuti responsabili di quelle morti.

Mentre per un mese Calisto s'incontra nascostamente di notte con Melibea nel suo giardino, Areúsa ed Elicia mettono in atto il loro piano di vendetta. Calisto, che sta per incontrare nuovamente Melibea, fugge a causa di un forte rumore in strada: cade dalla scala usata per scalare l'alto muro del giardino e muore. Dopo aver confessato al padre la sua storia d'amore e la morte di Calisto, Melibea si getta dalla torre della casa e muore anche lei.

L'opera tratta argomenti osceni e scabrosi. Si presenta come una parodia dell'amor cortese: Calisto corteggia Melibea, fallendo, e poi, tradendo lo stile cortese, i due si posseggono carnalmente. Il finale è triste: Calisto muore mentre scende le scale che l'hanno portato nel giardino della sua bella amata, mentre Melibea si suicida buttandosi dal balcone della sua residenza. Nella prima uscita dell'opera, la storia si incentrava sull'amore tra Calisto e Melibea ma dopo, nelle varie modifiche che sono state apportate, la storia metterà a fuoco la figura della Celestina, la fattucchiera della storia, colei che cerca di favorire l'amore tra Calisto e Melibea, ma soltanto per scopi personali.

Per molto tempo, la critica si rifiuta di definire l'opera come teatrale: verrà poi chiamata da Moratín novela dramatica ("romanzo drammatico") e da Aribau novela dialogada ("romanzo dialogato"). In realtà quest'opera ha un forte potenziale drammaturgico, che nella trascrizione da una versione all'altra però, si è perso molto[senza fonte]: ciò che rimane è l'elemento magico, incentrato nella figura della Celestina.

A differenza di Autos De Los Reyes Magos (opera teatrale medioevale in versi, scritta da autore ignoto nel XII secolo, in lingua spagnola castigliana), nella quale si trovava un solo registro linguistico dato dai personaggi tutti uguali, ossia tutti pastori, ne La Celestina troviamo una stratificazione sociale dei personaggi e vari linguaggi in contrapposizione: quello elevato dei nobili in contrasto con gli argots urbanos ("parlate popolaresche") delle mezzane, delle prostitute, dei servitori.

Personaggi.

Di seguito sono riportati i personaggi del romanzo, in ordine d'importanza.
Celestina è un'avida popolana, di mestiere prostituta, che sfrutta tutti coloro che possano tornarle utili per i suoi fini, cinicamente, ma anche stupidamente, e sarà sarà proprio la sua scarsa lungimiranza che la ucciderà.
Calisto è un giovane nobile, parodia dell'eroe cavalleresco: il suo amore è solo carnale, non di certo l'amore puro e poetico di Don Chisciotte della Mancia. Egli vede la sua Melibea come una dea, ed ignora l'esistenza del Dio cristiano. Indifferente di fronte alla morte di Celestina, attira su se stesso l'astio da parte di Elicia (la mezzana di Celestina) e della sua amica Areusa.
Melibea è una donna corrotta , che si lascia travolgere dal desiderio fisico e dalla passione verso Calisto, perdendo ogni pudore e la sua verginità. Incarna la figura della peccatrice, che inganna la sua famiglia e che si concede, prima del matrimonio e per mezzo di un "amore illegale", al suo amato.
Parmeno è figlio di una fattucchiera, di basso livello sociale, e rappresenta l'antieroe per eccellenza, che tradisce il suo padrone pur di avere un rapporto carnale con Areusa.
Tristan e Sosia diventano i nuovi servi di Calisto, dopo la morte dei servi Sempronio e Parmeno.

Famosa l'interpretazione a teatro della grande Sarah Ferrati.

Letteratura italiana nel Settecento

Dante, Petrarca e Boccaccio. I grandi autori del Trecento (skuola.net)

Shakespeare: le frasi più belle ed emozionanti di sempre (frasix.it) 

Il Settecento in letteratura: caratteristiche, autori, opere | Studenti.it

Letteratura estera nel Settecento 

Il Settecento in letteratura: caratteristiche, autori, opere | Studenti.it

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Letteratura italiana nell'Ottocento

L'Ottocento | Letteratura italiana | Rai Scuola

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Letteratura estera nell'Ottocento

Il Novecento italiano in letteratura | Studenti.it

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Letteratura italiana nel Novecento

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Letteratura estera nel Novecento 

La letteratura del Novecento: La Letteratura del Novecento - StudiaFacile | Sapere.it 

“Una sera d’inverno, appena rincasato, mia madre accorgendosi che avevo freddo, mi propose di prendere, contro la mia abitudine, un po’ di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, mutai parere. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti, chiamati madeleine, che sembrano lo stampo della valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo.

E poco dopo, sentendomi triste per la giornata cupa e la prospettiva di un domani doloroso, portai macchinalmente alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato inzuppare un pezzetto di madeleine. Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del pasticcino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svolgeva in me. Un delizioso piacere m’aveva invaso, isolato, senza nozione di causa.

E subito, m’aveva reso indifferenti le vicissitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita…non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale. Da dove m’era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo che era connessa col gusto del tè e della madeleine. Ma lo superava infinitamente, non doveva essere della stessa natura. Da dove veniva? Che senso aveva? Dove fermarla?” ("Dalla parte di Swann" - Libro 1, 1913. Marcel Proust).

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"Da tempo mi tormentava un'idea, ma avevo paura di fare un romanzo, perché è un'idea troppo difficile e non ci sono preparato, anche se è estremamente seducente e la amo. 
Quest'idea è raffigurare un uomo assolutamente buono. 
Niente, secondo me, può essere più difficile di questo, al giorno d'oggi soprattutto". (Fedor Dostoevskij, anno 1985)

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"All'inizio di un luglio straordinariamente caldo, verso sera, un giovane scese per strada dallo stanzino che aveva preso in affitto in vicolo S., e lentamente, come indeciso, si diresse verso il ponte K. Sulle scale riuscì a evitare l'incontro con la padrona di casa. Il suo stanzino era situato proprio sotto il tetto di un'alta casa a cinque piani, e ricordava più un armadio che un alloggio vero e proprio. La padrona dell'appartamento, invece, dalla quale egli aveva preso in affitto quello stambugio, vitto e servizi compresi, viveva al piano inferiore, in un appartamento separato, e ogni volta che egli scendeva in strada gli toccava immancabilmente di passare accanto alla cucina della padrona, che quasi sempre teneva la porta spalancata sulle scale. E ogni volta, passandole accanto, il giovane provava una sensazione dolorosa e vile, della quale si vergognava e che lo portava a storcere il viso in una smorfia. Doveva dei soldi alla padrona, e temeva d'incontrarla". (Delitto e castigo - Incipit, 1866.)

Certo ad un tratto mi ritrovavo ad avere un padre che prima non c'era mai stato. Questo pensiero mi ubriacava durante i preparativi per la partenza ed in treno. Che fosse mio padre, questo non significava ancora niente , né mi  piacevano le tenerezze, ma quell'uomo non aveva mai voluto saperne di me e mi aveva umiliato, mente io durante tutti quegli anni non avevo fatto altro che sognarlo senza posa (se così si può dire di un sogno). Fin dall'infanzia ogni mio sogno era impregnato di lui, ruotava attorno a lui, si risolveva, in ultima analisi, in lui. Non so se lo amassi o lo odiassi , ma egli riempiva tutto il mio futuro, tutti i miei calcoli per la vita - e tutto questo era accaduto da se, procedeva d pari passo con la mia crescita.

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Verso la fine della dissertazione di Lebedev, Ippolit si era addormentato di colpo sul divano. Ora si ridestò all'improvviso come se qualcuno lo avesse colpito al fianco, trasalì, balzò in piedi, si guardò attorno ed impallidì. Si guardò persino indietro spaventato, ma quando riprese completamente conoscenza e ricordò tutto, una vera espressione di terrore si dipinse sul suo volto. 

<<Che, se ne vanno? E' finito? Tutto finito? E' sorto il sole?>> domandò con trepidazione afferrando la mano del principe, <<che ora è? Per amor del cielo, che ora è? Ho dormito troppo. Quanto ho dormito?>>
Era disperato come se dormendo avesse perduto qualcosa di fondamentale per la sua stessa sorte.

<<Avete dormito sette, otto minuti>> rispose Evgenij Paloviè.
Ippolit lo guardò avidamente e riflettè per alcuni istanti.
<<Soltanto! Dunque, io ... >>
 Riprese il fiato con un forte respiro come se si fosse liberato di un peso insopportabile. Capì infine che non era "finito" niente, che non albeggiava ancora, che gli ospiti si erano alzati solo per andare a mangiare qualcosa e che era soltanto terminata la predica di Lebedev. Sorrise e gli comparve sulle guance il rossore del tisico sotto forma di due macchie vistose.

<<E voi mentre io dormivo avete contato anche i minuti, Evgenij Pavlyè>> disse con aria canzonatoria, <<non avete fatto che osservarmi tutta la sera, vi ho visto... Ah! Rogozin! L'ho sognato or ora>> sssurrò all'orecchio del principe indicando turbato Rogozin seduto icino al tavolo, <<ah, sì>> e cambiò di nuovo discorso, <<dov'è l'oratore, dov'è Lebedev? Ha finito dunque il suo discorso? E' vero, principe  che una volta avete detto che la "bellezza salverà l mondo?" Signori> prese a gridare a tutti, <<il principe afferma che la bellezza salverà il mondo"? Signori>> prese a gridare a tutti, << il principe afferma che la bellezza salverà il mondo! Ed io affermo che idee così frivole sono dovute al fatto che in questo momento egli è innamorato. Signori, il principe è innamorato, non appena è arrivato, me ne sono subito convinto. Non arrossite principe, mi impietosite. Quale bellezza salverà il mondo? me l'ha riferito Kolja... Siete un cristiano fervente? Kolja dice che voi stesso vi definite un cristiano>>.

 

Letteratura italiana nel Duemila

La narrativa italiana degli anni Duemila | Pearson

Categoria: Scrittori italiani del XX secolo - Wikipedia

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Letteratura estera nel Duemila 

I migliori scrittori stranieri del Duemila

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Konstantinos Kavafis - La città (libriantichionline.com)

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Dai libri di mio padre

LA SAGA DEI FARREL, di Belva Plaine

(Selezione della narrativa mondiale)

Narrata lungo gli anni, dai primi del Novecento ai giorni nostri, la storia di un medico di campagna che lotta per farsi strada nella vita e del suo amore impossibile per una giovane donna.

IL SOLITARIO DELLE NEVI, di José Giovanni

Sul filo di una vicenda ispirata dalla fantasia, l’autore Josèé Giovanni ci trasporta nel clima drammatico e suggestivo della corsa d’ Iditarod, la lunga gara di slitte che si disputa ogni anno in Alaska.

L'INTRUSO, di Louis Charbonneau

Nella cittadina americana di Hollister, dove la maggior parte dei servizi pubblici è regolata dai calcolatori, si verifica un crescendo di gravissimi incidenti. Errori occasionali del computer o manomissioni effettuate con intenzioni criminose?

NOTTE SULLA VALLE, di Wendergald Von Staden

Nella Germania nazista una ragazza tedesca assiste impotente al sorgere di un campo di concentramento accanto alla propria casa. Un’autentica testimonianza su uno dei periodi più cupi della storia umana.

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Da un libro iniziato a leggere da mio padre in data 30/04/76 (segnata sulla prima pagina dell'Introduzione).

MILLE ESTATI, di Garson Kanin

Sulla veranda di una casa di riposo, Freeman Osborne, come tuti i vecchi, si abbandona ai ricordi. Al tramonto della vita, la realtà si mescola ai sogni e i ricordi ai vaneggiamenti. Freeman rivive la sua carriera di farmacista, i suoi viaggi in Giappone e, soprattutto, la sua straordinaria storia d’amore con Sheila. Una esperienza umana radiosa e commovente, vissuta a dispetto delle convenzioni sociali, della guerra, persino della morte.
“A coloro che si amano, il tempo impietoso concede mille estati.”   

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LA GRANDE RAPNA AL TRENO, di Michael Crichton.

Inghilterra, 1855. In un’atmosfera di potenza e sicurezza, sul trono siede la grande Regina Vittoria.

Una volta il mese, dalla stazione di London Bridge parte un carico di lingotti d’oro, per la paga dei soldati inglesi e francesi che combattono, a fianco dei turchi, contro i Russi in Crimea.  Eppure un giorno non arriva un carico d’oro ma casse pieni di pallini di piombo.
L’audace furto suscita scandalo e sgomento e passa alla storia come il colpo del secolo, La Grande Rapina al Treno, da cui anche il film “The First Great Train Robbery”, diretto da Michael Crichton e interpretato da Sean Connory e Donald Sutherland.

Questo l’inizio del romanzo. Quaranta minuti dopo la partenza, tra i campi ondulati e i ciliegi del Kent, il treno raggiunse la sua massima velocità di ottantotto chilometri l’ora.

D’un tratto, mentre il treno procedeva sferragliando verso la costa, la porta scorrevole del bagagliaio si aprì, rivelando all’interno una violenta colluttazione. La lotta era tanto disperata quanto impari: un giovanotto magro, dai vestiti cenciosi, era alle prese con un uomo corpulento, in divisa blu da guardia carceraria.  Il giovane riuscì, a un certo punto, a divincolarsi e ad assestare un paio di cazzotti persuasivi al suo avversario, così da farlo crollare in ginocchio con tutta la sua mole. Ma poi la guardia si rialzò di scatto e, colto il giovane alla sprovvista, lo scaraventò fuori dallo sportello aperto. Quello cadde e rimbalzò sul terreno come una bambola di stracci.

L’oro della Grande Rapina al Treno non venne mai recuperato.

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I CAMERON

La saga di una famiglia scozzese sullo sfondo di un villaggio di minatori: una vicenda appassionante in cui si sviluppano drammatici conflitti e si intrecciano i più diversi destini.

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Libri di narrativa nella libreria del salone di casa, acquistati da me.

James Grady, I sei giorni del condor; l’ombra del condor
Giorgio Bocca, Metropolis; Uomini e Problemi, di g. di giammarino e m. tacconi
Nelson De Mille, L’ora del leone
Compendio della Storia della Letteratura italiana
Manzoni, I Promessi Sposi
Cervantes Don Chisciotte della Mancia

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