ZEF & JEFF.
ZEF & JEFF
SALERNO - Martedì, 8 dicembre 2020.
Un bidone salta in aria ... e crash!
Dietro la Chiesa Parrocchiale S.S. Salvatore di Passiano, antico borgo di Cava de' Tirreni, c'era - sul finire della seconda guerra mondiale - il Contropone, una zona inabitata e alluvionale. A Passiano ci andavo spesso, perché lì - in via Ernesto Coda, N° 3 - c'erano sia i miei nonni materni che quelli paterni. Quelli materni abitavano in una costruzione ben fatta, con attiguo pozzo, orto, giardino, una stalla con cavallo, mangiatoia, carrozza ed in più un calesse; i nonni paterni stavano invece all'ultimo piano di una costruzione a due piani, in una bella casa con molte stanze e con un terrazzo meraviglioso, che aveva persino un belvedere sovrastante i tetti e che consentiva la visione di tutta la vallata di Cava dé Tirreni, e dei molti villaggi che la circondano.
Alla Festa del Castello io ero sempre ospite del nonno paterno, nonno Zefferino (con due f, mentre il mio nome è semplicemente con una f, ... accorciato poi dagli amici in Zef !), per assistere dal belvedere al cosiddeto "Incendio del Castello", uno spettacolo magnifico di fuochi pirotecnici, eseguito da una squadra abilissima di artificieri alle falde appunto del prospiciente Monte Castello. Con il nonno paterno poi condividevo una data speciale: il 26 agosto, ricorrenza simultanea di compleanno e onomastico per entrambi!
Ma bando ora alle digressioni! Al Contropone, in quell'assolato e lontano pomeriggio estivo, al frinire continuo delle cicale si sovrapponevano a tratti le voci di due ragazzi, di Girolamo e mia, mentre armeggiavamo vicino ad un grosso bidone, nei cui pressi c'era - residuo della guerra! - una catasta di proiettili inesplosi di artiglieria.
Girolamo, un ragazzo magro e un poco curvo di spalle, con uno sguardo perennemente inquieto, abitava vicino alla proprietà del mio nonno materno.
Girolamo aveva scoperto quel posto, me ne aveva parlato, e mi aveva persuaso ad andarci a dare un'occhiata: il posto mi piacque, e divenne la meta segreta dove andare per fumare di nascosto dai nostri genitori Chesterfield o Pall Mall (che Girolamo riusciva a ottenere dagli "americani"), o per giocare a modellare oggetti con una creta sorprendentemente malleabile e morbida che stava in quel posto.
Un giorno trovammo un proiettile aperto, senza la punta, con l'esplosivo fuoriuscito e sparso tutto attorno ad un grosso bidone, sotto forma sia di "spaghetti", e cioè di esplosivo plastico filiforme, e sia sotto forma di "pasta", da noi ragazzi detta così perchè simile a tubetti corti di pasta, ma ripieni, una specie di struffoli senza miele!
Ebbene, guardando proiettile e bidone, a Girolamo venne un'idea pazza: mettere sotto a quel grosso bidone, che stava lì abbandonato, un bel mucchietto di quei "spaghetti", e poi collegarlo ad una lunga striscia di "pasta" di esplosivo, cui alla fine dare fuoco per fare un bel botto.
"Allora, che dici? Lo facciamo?", mi chiese Girolamo.
Non volevo fare la figura del pauroso, e risposi di si.
E quindi Girolamo si mise accovacciato vicino a un grosso macigno, reso liscio dall'attrito, ripetuto nel tempo, con le acque piovane, e mi propose di portargli - uno alla volta - alcuni di quei proiettili della catasta, che poi lui avrebbe provveduto a svuotarli dell' esplosivo.
"Zef, attento al detonatore, altrimenti saltiamo!"
Ad ogni proiettile, Girolamo applicava lo stesso trattamento: colpi laterali della punta contro il macigno, fino ad espellerla, e successiva raccolta dell'esplosivo. Gli "spaghetti" erano poi sistemati sotto al bidone, e "la pasta" - simile a tubettini corti, però pieni e non cavi - distribuita sotto forma di lunga striscia, fino ad un fossato.
"Noi ci metteremo qui, in questo fosso - disse Giacomo - ... nel caso che le pareti del bidone non reggono: così siamo al riparo da eventuali schegge!" E così mi sentii un tantino rassicurato!
Venne il momento. Girolamo accese un fiammifero, e lo accostò alla coda della striscia di esplosivo.
"Giù!", gridò, dando fuoco.
Dopo pochi istanti, un gran botto scosse il silenzio del borgo e interruppe il frinire dei grilli, che abbondavano in quella zona.
Il bidone saltò in alto per decine e decine di metri, e subito dopo, inaspettato, si sentì il rumore di vetri rotti: tutte le belle vetrate istoriate della Chiesa Parrocchiale S.S Salvatore di Passiano erano andate in frantumi!
"Scappiamo!", dissi a Girolamo. "A casa diremo che siamo rientrati di corsa perché spaventati dallo scoppio ... e basta! D'accordo?"
"D'accordo", rispose Girolamo, diventato più pallido di un cencio bianco.
"Giuramelo!", replicai non soddisfatto.
"Lo giuro!", mi rispose in tranche Girolamo.
Ricordo ancora oggi con piacere, di aver provato - ma solo pe quell' istante - un senso di superiorità rispetto a Girolamo.
Il giorno dopo.
Il giorno dopo don Bartolomeo, il parroco della Chiesa del S.S. Salvatore, nonostante il suo bel pancione grosso, fece il giro di tutte le case di Passiano, per indagare e scoprire chi aveva combinato quel gran casino.
Quando venne a casa dei miei parenti materni, io stavo lì; fu fatto accomodare dalle zie nel salotto: era sudato per il caldo e la fatica di andare di casa in casa a piedi, e di certo non gli giovava quel pancione, quando doveva fare delle scale a piedi, lui che oltretutto era anche piuttosto tarchiato.
"Don Bartolomeo, accettate un caffè?", chiesero le zie.
"Si, grazie, con piacere!"
Dopo i soliti convenevoli, commentando con le zie il fatto del boato, ad un certo punto si interruppe, e chiese, guardandomi fisso: "E questo giovanotto, era in casa o fuori al momento dello scoppio?"
Mi sentii gelare dallo spavento, perché era risaputo a Passiano che Don Bartolomeo non scherzava con le mani, e quando mollava un ceffone lo si ricordava per tutta la vita.
Ma ressi lo sguardo, e nel frattempo sentii le zie esclamare in coro: "Ma chi, Zeferino? ... Zeferino era fuori casa, ma non farebbe mai una cosa così pericolosa!"
Fu così che la mia buona reputazione fu salva.
Molti anni dopo.
Una decina di anni fa, sono tornato a Passiano, alla Chiesa del S.S. Salvatore, per la cerimonia di un matrimonio di un conoscente.
Nell'attesa della sposa, spinto dai ricordi, mi recai sul retro della chiesa imboccando via Leopoldo Siani - in omaggio al fondatore di una fiorente industriale tessile locale una volta operante proprio in quella strada - e mi spinsi per un certo tratto fino all'inizio di via Contropone.
Era tutto cambiato! Non c'era più la deserta zona alluvionale, ma il prolungamento della strada Leopoldo Siani, fiancheggiata da parecchie case rurali, la maggior parte con orto annesso, poche con giardino.
Dopo oltre 70 anni, trascorsi da quel gran botto e dal simultaneo crash di tutte le vetrate istoriate della antica Chiesa Parrocchiale S.S. Salvatore, non era rimasto nulla di quello che era il "mio" Contropone.
Ne rimasi sconcertato e dispiaciuto: mi sentii come derubato di un pezzo importante della mia gioventù.
Zeferino
n.d.a. Capitolo successivo (stabilire un parallelismo tra vita personale e fatti storici contemporanei):